domenica 23 marzo 2008

giovedì 13 marzo 2008

campo scuola: sussidio educatori

















SuPerStrada con Paolo!
Campo scuola
di: Azione Cattolica dei Ragazzi
Un cofanetto pronto a partire per l’estate dei Campi scuola!
Proprio d’estate infatti i bambini e i ragazzi sono alla ricerca di esperienze entusiasmanti e irripetibili...
La confezione contiene:il Sussidio per l’educatore (pag. 112), che raccoglie i contenuti del Campo, le attività della giornata, le indicazioni per la liturgia, tutti i suggerimenti utili ad arricchire la proposta formativa dei bambini e dei ragazzi.Il Libretto per la liturgia del Campo scuola (pag. 80), acquistabile anche singolarmente in modo che ogni ragazzo partecipante al Campo possa seguire meglio le celebrazioni, vivere bene il tempo dedicato alla preghiera, ascoltare e lodare Dio insieme agli amici.Il grande gioco (pag. 80), tante indicazioni per fare del gioco un momento essenziale e altamente educativo di tutta l’esperienza del Campo.
Il testo è uno strumento indispensabile per aiutare i più giovani a fare, nello stile della condivisione, un vero e profondo esercizio di ascolto della Parola di Dio, attraverso momenti preziosi come i campi scuola
Ed è un aiuto concreto per gli educatori a caccia di idee per la prossima estate!





Prezzo: € 18.00


in Diocesi € 13,00

LA STORIA


Prologo
La voce della bambina-fragola superava qualsiasi confusione. «Abbiamo vinto vero mamma? Abbiamo vinto noi, il giocasiti!?»
«Se non la smette, entro 2 secondi, la strozzo!» pensava Alicia mordendosi un labbro. Già era difficile restare sotto quel sole in mezzo alla folla appiccicosa, tra bambini ansiosi di tutte le età e genitori che faticavano a distrarli nell’attesa, ci mancava solo quella piccola rompiscatole col vestitino rosso a puois, il collettino verde e i capelli raccolti con una miriade di mollettine colorate e che soprattutto… non stava zitta un attimo.
Era ovvio che non era l’unica ad aver vinto l’entrata al GIOKAcity nell’inaugurazione dell’Antares! Le migliaiaia di persone in attesa davanti ad ogni entrata erano una prova lampante di come la pubblicità a tappeto degli ultimi mesi, dai mega cartelloni, ai giornali, alle fermate degli autobus, agli spot sulle radio e le TV private… era riuscita creare l’evento dell’anno.
La campagna pubblicitaria del gioco “La luna nel pozzo” presso tutti i centri estivi della zona, poi, era stato il tocco finale e anche chi aveva pensato di visitare il nuovo Centro commerciale in un secondo momento per evitare la calca dell’inaugurazione, aveva ceduto davanti al biglietto vincente dei figli per la promozione del GIOKAcity occasione unica e imperdibile, proprio perchè sarebbe durata un giorno solo.
Alicia mise una mano in tasca per assicurarsi che il suo biglietto vincente fosse ancora lì, con i bordi d’ oro grattato e il suo HAI VINTO multicolore ben in vista assieme alla faccia di POPUP. Lo davano ad un solo euro in più sulla consumazione nella gelateria Croccolandia e lei era arrivata a mangiare anche due gelati al giorno per avere più possibilità di vincere. La sua linea ne aveva risentito un po’, ma alla fine ne era valsa la pena.
«Uffa, quando si entra!? Io non ce la faccio più e mi scappa anche la pipì.» Un biondino riccioluto, col naso a punta, che avrà avuto sì e no 6 anni, stava appeso ai pantaloni di uno spilungone, anche lui biondo, ma con i capelli stranamente raccolti in treccine come quelle delle donne africane che gli correvano in file ordinate lungo la testa e finivano alla base del collo.
«Che tipo?!» commentò Alicia a voce alta senza accorgersene e tornando con lo sguardo sul bimbetto appeso ai pantaloni pensò che se continuava così non ci sarebbe voluto molto perché lo spilungone restasse in mutande, visto dove già stazionavano i suoi jeans.
«Ahia!!! Ma vuoi stare attento?!» Sul piede di Alicia erano finiti, con la leggerezza di un cinghiale inferocito, 40 chili di peso morto appartenenti ad un ragazzotto dalle labbra grosse tutto sudaticcio. «E’ stato lui che mi ha spinto!” Filippo indicava un altro tipo lentigginoso che se la rideva a crepapelle. Senza chiedere scusa Filippo provò a tornare al suo posto sgomitando tra la massa di gente che si era immediatamente richiusa dopo il suo passaggio e una volta arrivato dal suo amico e non potendo ricambiare la spinta, cominciò a strattonarlo per la felpa.
«Sei un imbecille, ridammi il mio GIOKApass - omaggio»
«Per me è taroccato»…
«Ma va a quel paese! Tu sei taroccato e tutto quello che hai addosso, questo me l’ha dato l’amico di mio papà che è l’architetto e che conosce benissimo il direttore dell’Antares»
Dopo qualche minuto di corpo a corpo, tra i brontolii di disapprovazione di chi stava attorno a loro, Filippo aveva di nuovo nelle mani il suo preziosissimo GIOKApass - omaggio . Osservò bene che non si fosse troppo sgualcito e che soprattutto ci fosse ancora l’immagine di POPUP sorridente che assicurava meraviglie nel nuovo reparto GIOKAcity del nuovo centro Antares dove ogni desiderio dei ragazzi si poteva realizzare.
Alicia cercava di stare su un piede massaggiandosi quello infortunato, ma la fila aveva cominciato ad avanzare ondeggiando, forse per un nuovo falso allarme o forse perché davvero quelli davanti avevano visto arrivare il personale dell’Antares ai portoni, tentò di non perdere l’equilibrio e riuscì a trovare uno spazio per rimettere giù il piede. La bambina-fragola se ne stava ora sulle spalle del papà e strillava come un’aquilotto nel nido, forse era davvero arrivata l’ora di apertura. Alicia si sistemò la maglietta che le era salita sulla schiena e alzando lo sguardo incrociò quello del biondo spilungone.
Matteo la guardava contorcersi nel tentativo di chiedere ad una maglietta troppo corta qualcosa di impossibile, poi sentì nelle orecchie la voce roca di mamma che stava un metro indietro.
«Matteo, attento a tuo fratello!Guai a te se lo schiacciano!!» Valentino aveva smesso di stare attaccato ai suoi pantaloni e saltava dall’eccitazione assieme ad un altro ragazzetto indiano nel tentativo di vedere al di là della fila. Matteo allungò una mano e arpionò Valentino trascinandolo vicino a sé.
«Teo è vero che qui una volta c’era un ospedale?»
«Sì»
«E poi hanno costruito l’Antares? »
«Sì»
«E io sono nato nell’ospedale che c’era prima?»
«Sì»
«E l’ospedale dove l’hanno messo?»
«Dall’altra parte della città… però adesso finiscila, che è ora di entrare. Non metterti a correre in giro come il tuo solito che sennò ti perdi o ti schiacciano come uno scarafaggio e poi la mamma mi fucila.»
La musica dagli altroparlanti esterni si abbassò lentamente e una calda voce maschile annunciò: «Benevenuti all’Antares! La nuova galassia di opportunità!»
MESE DEL CIAO
Un boato di gioia e applausi rispose all’annuncio di benvenuto e subito l’eccitazione, che si era allentata in quei lunghi momenti di attesa, tornò a mille. «…il Centro Commerciale Antares è lieto di aprire le sue porte e fare festa con tutti voi, amici delle stelle!»
Un altro boato della folla fece eco allo slogan un po’ kitch, tutti però sembravano stare al gioco e la fila festante si mise in moto per entrare dalle porte automatiche del Centro che si erano finalmente aperte dopo soli tre anni dall’inizio dei lavori. L’Antares era una struttura avveniristica, non come quegli enormi “scatoloni” che nascono nelle periferie o nelle zone commerciali. Si ergeva con i suoi 5 piani nel bel mezzo della città, tra vetro e acciaio e altri materiali di ultima generazione: un vero gioiello incastonato in una cittadina di media grandezza, che ora però sentiva di poter puntare in alto per giocarsi un nuovo posto di prestigio nell’intera regione.
Nel complesso la struttura da lontano poteva sembrare qualsiasi cosa, perfino un moderno aereoporto con tanto di torre di controllo. In cima a tutto però svettava l’insegna dell’Antares con il suo globo stellare che di notte illuminava mezza città, mentre ora ai suoi piedi l’ondata di folla entrava per la prima volta nell’edificio, come termiti all’attacco di un tronco d’albero. La gente si riversò nell’atrio incredibilmente senza incidenti, ma era possibile solo lasciarsi trasportare dal flusso. Poco male, tutti erano lì per vedere il tanto atteso Antares e presto ci si sarebbe potuti espandere nei grandi spazi su cui si affacciavano a centinaia i negozi.
Il personale, con un sorriso Barbie-Ken, nella inamidata divisa bluelettrico, controllava che tutto si svolgesse per il meglio e accoglieva le frotte di piccoli e grandi clienti con un: “Benvenuti all’Antares!”.
La gente, appena trovava un po’ d’aria e lo spazio adatto, si ricomponeva dopo la pressa delle porte e alzava lo sguardo ammirando estasiata quegli spazi nuovi e scintillanti dove le scale mobili si intrecciavano, le vetrine sembravano moltiplicarsi, la grande fontana zampillava grazie all’abile mano dell’artista spagnolo La fuente (un nome un programma).
Alicia sgranò gli occhi allungati, di cui tutti apprezzavano il loro disegno a mandorla, non sapendo però dove farli riposare. C’era troppa roba da vedere! Tutto chiedeva attenzione tra colore e luce. Nelle vetrine gli articoli e i manichini dicevano la cura con cui quella inaugurazione era stata preparata. Dagli alti soffitti le decorazioni argentee scendevano disegnando una nuova via lattea.
Non c’era mai stato niente di simile in città e nemmeno in tutta la regione… tanto più nel paese di origine di Alicia. Anche se si era trasferita lì da 10 anni sapeva bene quale povertà la sua famiglia si era lasciata alle spalle, per cui il suo cuore pompava sovraeccitato.
Filippo e i suoi compagni di classe correvano da una parte all’altra richiamandosi ad alta voce tutte le volte che uno vedeva qualcosa di particolarmente accattivante.
«Devo assolutamente arrivare al 3° piano dove c’è il buffet, prima che si riempia di gente, per vedere l’architetto Biasi. Tu tieni d’occhio tuo fratello e non combinate danni.» La mamma di Matteo e Valentino baciò il piccolo sulla testa, ma lui era come ipnotizzato.
«Teo, non uscite dal Centro, tieni acceso il cellulare…faccio presto. Se fate i bravi, dopo vi compro qualcosa di speciale!» La signora Conti nella sua gonna stretta sgambettò veloce per raggiungere la corrente ascendente delle scale mobili e sorrise luminosa salutando i figli.
Teo la guardava salire e gli sembrò un’ astronauta americana in partenza per la luna.
Non ti serve il circo Togni per trovare ciò che sogni!
All’Antares, credi a noi, compri tutto ciò che vuoi!
Nel grande corridoio era comparso un pupazzone stile Disneyland. Era POPUP, la mascotte del Centro.
«Ehi, Valentino hai visto chi c’è?»… ma Valentino non c’era più. Matteo si girò più volte per vedere se il fratello si era solo allontanato di poco, tra tutta quella gente però sembrava quasi impossibile riconoscere un bambino da un altro… e il panico cominciò a mordergli le gambe come un piraña.
L’arrivo di POPUP aveva attirato la marea di bambini schiamazzanti e il pupazzone saltellante, ripetendo le sue famose frasi, posava per le foto e accarezzava i più piccoli impauriti nelle braccia delle mamme e delle nonne, neanche fosse il papa! Anche la bambina-fragola era riuscita a farsi portare da POPUP, solo che lei per poco non gli aveva staccato le antenne…
Valentino aveva un dono speciale per mettersi nei guai e rovinare tutto. Matteo girava tra i bimbi cercando disperatamente di riconoscere il naso a punta del fratello e in cuor suo malediceva il momento in cui aveva detto di sì alla mamma pur di essere a quell’inaugurazione… quando se lo trovò davanti. Stava in braccio a quella ragazza mora, con la frangetta e gli occhi curiosamente allungati che aveva visto all’entrata.
«Era finito nel negozio di telefonini e non riusciva a tornare nel corridoio per la calca» spiegò Alicia.
Valentino con gli occhi lucidi cambiò braccia volentieri rifugiandosi in quelle del fratello. Probabilmente quella breve esperienza di folla aveva fatto tremare i suoi 6 anni, desiderando solo una faccia familiare.
«Ehm…Grazie, è mio fratello» sentì di dover precisare Matteo, con un po’ di imbarazzo.
«Dovete andare al GIOCAcity?» chiese Alicia
«Beh…ecco… veramente, no. Non abbiamo nessun biglietto, siamo solo venuti a farci un giro, così per curiosità. E poi mia mamma doveva vedere un tipo.»
«Io un biglietto ce l’ho. Hanno detto che è fantastico, ma con tutta questa gente e in questo posto così grande, sarà un’impresa arrivarci!”
Matteo e Alicia quasi urlavano per capirsi e ogni tanto qualche bambino per seguire gli spostamenti di POPUP finiva loro addosso in malomodo. Il pupazzone giallo si stava però dirigendo verso il reparto 4 stagioni e quasi per magia dopo qualche secondo il corridoio fu (più o meno) sgombro.
«Dài, andiamo dalla parte della fontana, dove ci sono le giostre, mi hanno detto che hanno messo anche dei videogiochi!» Filippo tirava un amico per la manica della felpa grigia che ormai era diventata lunga il doppio.
«Sei un poppante, dillo che vuoi vedere le giostrine!» Lo canzonò Alessio.
«…ci andiamo dopo» tagliò corto l’altro compagno «facciamo un giro per il reparto 4 stagioni che c’è la roba di carnevale tutto l’anno… anzi, no, guarda quello!Che ganzo, voglio provarlo.»
«Poppante è tua sorella, ci vado da solo ai video non ho bisogno della babysitter!… Tu invece tieniti la tua badante!…»
Filippo, saltando sulle scale mobili, sparì all’interno della vita lattea, mentre il suo amico letigginoso e quello con la felpa grigia, dopo aver fatto spallucce, entrarono e uscirono da un paio di negozi smaniosi come cani da tartufi, con la sola differenza che non sapevano affatto cosa cercare.
Ad assistere alla scena Matteo e Alicia si scambiarono un’occhiata e fu allora che Valentino disse: «Voglio un gelato.»
La gelateria Nebulosa era stata pubblicizzata almeno quanto il nuovissimo reparto 4 stagioni o il reparto tecnologico Albatronics, per cui i tre si avviarono al 2° piano seguendo le varie correnti di acquirenti… una gelateria così, sicuramente ne avrebbe sviluppata una simile a quella del Golfo!
Trovare la gelateria non fu difficile, ma, come era ovvio, era stata presa d’assalto e mentre Matteo raccolse la sfida per accontentare il fratellino, Alicia si tirò indietro (il pieno di gelati l’aveva fatto tutta l’estate per guadagnarsi il suo GIOKApass) e, accettando di badare a Valentino, iniziò a passeggiare lungo le vetrine attorno alla piazzetta. Forse era stupido aspettare così uno sconosciuto mentre cercava di conquistarsi il suo astro-cono, ma da quando aveva preso in braccio Valentino sul punto di scoppiare a piangere, sentiva che per affrontare un posto così grande era meglio avere vicino qualcuno. Sarebbe venuta anche lei con uno dei suoi quattro fratelli, se solo non fossero stati tutti più grandi e occupati a passare il sabato pomeriggio in un altro modo. E poi Matteo – capelli a parte - sembrava un tipo a posto.
Dalla filodiffusione la musica si mescolava a quella dei CD di ogni singolo negozio creando un sottofondo caotico di suoni che in realtà non sentivi. Alicia si accorse che c’era musica solo perché ogni tanto veniva interrotta dai Jingle di promozione dei vari reparti e dal segnale orario.
Sono le ore 15.15
Matteo tornò con due coni enormi sul punto di sciogliersi, ma fu proprio mentre Valentino stava per prendere tra le sue manine tutto quel ben di dio… che nella piazzola passarono due pizzaioli con grembiuli coloratissimi e cappelli fatti a mozzarella e a pomodoro che rotevano pizze sulla testa della gente come giocolieri.
«Voglio la pizza!» esclamò Valentino. Non ci fu verso di fargli mangiare il gelato e Alicia si sacrificò a far sparire l’astro-cono cioccolato e panna.
Ora si sarebbe dovuti partire alla caccia dello Strizzapizza, per accontentare Valentino, ma Matteo passando vicino al negozio K2, che esibiva le ultime sfolgoranti novità in fatto di skate, cominciò a rallentare, provando a convincere il fratello con uno di quei discorsi da adulti: che non poteva cambiare idea ogni secondo… che non si può sempre avere tutto….
«Voglio la pizza! Voglio la pizza!…» ripeteva Valentino come un CD impallato e quasi all’unisono una vocetta penetrante iniziò a duettare con lui. Alicia riconobbe subito quella voce: La bambina-fragola!!!
La bimbetta dell’entrata stava saltando a piedi uniti nel carrello dei genitori accompagnando con quel simpatico suono metallico la sua richiesta da manifestazione di metalmeccanici: «PIZZA, PIZZA, PIZZA…» La mamma senza alzare la voce tentava di convincerla e calmarsi, ma l’effetto ottenuto era solo un cambio di colore: dalla rivendicazione dei propri diritti si passava al “frignato andante” con faccette prossime al pianto che sarebbero state premiate alla notte degli Oscar.
«Ciao, sono Susanna, posso aiutarvi?»
Al grido di “pizza…pizza” sembrava quasi essersi materializzata una fatina nella sua minigonna e corpetto bluelettrico, con pattini ai piedi che la facevano più alta e bionda di quanto non lo fosse.
Catturò l’attenzione della bambina-fragola e anche di Valentino, regalò un ciupa ciupa a ciascuno e si offrì di aiutarli a trovare ciò che cercavano.
La famigliola felice inisistette perché la bambina-fragola ringraziasse con un bacetto quella gentilissima fatina, ma la bimba non cedette di un millimetro, improvvisando sul tema della dolce fanciulla timida con gli sconosciuti.
Valentino che all’istante si era ficcato in bocca il ciupa alla cola, sembrava essersi dimenticato anche solo cosa fosse una pizza.
«Ciao, ragazzi, cosa stavate cercando?»
«Niente, niente…» cercò di svicolare Matteo.
Alicia pensò che la domanda non era poi così scontata: cosa ci faceva quel giorno all’Antares? «Io… ho un biglietto vincente per il GIOKAcity.»
«Galattico!» esclamò Susanna «Non manca molto alle quattro e tra un po’ avrete la possibilità di realizzare il vostro desiderio!» Sembrava sinceramente entusiasta, oppure recitava benissimo e Alicia cominciò a provare un pizzico di simpatia per quella fatina con le rotelle.
Matteo se ne restava un po’ defilato appoggiato alla vetrina di K2.
«E’ il modello 125, doppie sospensioni, portanti in alluminio e ginocchiere in regalo… vai come un missile!» Susanna parlava dello skate sul quale Matteo qualche minuto prima aveva messo gli occhi e lasciato il cuore. Come faceva quella a conoscere il modello che gli piaceva?!
«Matteo e Valentino non ce l’hanno un biglietto per il GIOKAcity» sbottò Alicia. Forse si poteva fare un tentativo e vedere se la fatina era veramente tale.
«Ahaa… se lo volete veramente… per questo c’è rimedio, ma bisogna saper rischiare.» Susanna infilò velocemente le mani in un piccolo marsupio che portava legato dietro e le estrasse a pugni chiusi davanti a Valentino.
Valentino sorrise, guardò il fratello che aveva la faccia a forma di punto interrogativo e poi toccò la mano destra di Susanna. Quando lei la girò, aprendola, una piccola stella brillava sul suo palmo e Valentino la afferrò immediatamente cercando di estrarre, con le sue ditina, il biglietto racchiuso nella plastica coperta di brillantini.
MESE DELLA PACE
Sono le 15 e e 50 minuti…
Era stato difficile convincere Valentino a consegnare il suo GIOKApass anche solo per il controllo, ma ora per mano di Alicia aspettava assieme alle altre centinaia di bambini che aprissero le serrande di GIOKAcity.
«Oggi non abbiamo fatto altro che aspettare» osservò Alicia e Matteo annuì un po’ spazientito. Non che non fosse contento di aver vinto all’ultimo momento quel benedetto biglietto, ma si sentiva un po’ “perso” in quella massa di gente che desiderava la stessa medesima cosa: l’ennesima apertura. E se fosse stata tutta una trovata pubblicitaria per portarli lì quel giorno dell’inaugurazione? Se il reparto giocattoli “dove i tuoi desideri si avverano” non fosse poi tanto diverso da tutti gli altri e fosse una mega, una giga-delusione?
Alle 16.00 precise scattarono i congegni delle serrande colorate e i motori iniziarono a farle salire lasciando fluire da sotto una luce fredda sempre più forte.
“Sembra incontri ravvicinati del terzo tipo, quel vecchio film di Spilberg” pensò Matteo.
La musica aumentava l’effetto “fantascienza” e i gridolini dei bambini si tramutarono in un “Oooh” di vero stupore quando finalmente si riuscì a vedere per intero il pezzo forte del reparto: un grande bancone circolare che riempiva tutto l’atrio e dal cui centro partiva una colonna ricoperta di monitor.
«L’effetto non è male» commentò Matteo con Alicia.
«Ma quanto grande è?» si chiese lei cercando di misurare a spanne il labirinto di scaffali che si estendeva dopo il bancone.
Mentre la gente eccitata prendeva posto attorno al bancone, tutti i monitor della colonna che si innalzava fino al soffitto si accesero in sequenza dall’alto verso il basso e cominciarono a trasmettere immagini di tutti i tipi. Era uno spettacolo! La luce fortissima di prima si fece soffusa e l’unica fonte luminosa e colorata rimase l’imponente colonna. Filippo non riusciva a chiudere la bocca e scorrendo le immagini notò che ciascun monitor era numerato. Poi d’un tratto apparve POPUP “a reti unificate” e l’appaluso partì spontaneo, proprio come quando sul palco di una commedia arriva il capo-comico. Non era il solito POPUP stupidotto. Visto dal monitor sembrava più intrigante, ammaliatore, i ragazzi non fiatavano e bevevano qualsiasi parola lui pronunciasse all’unisono con i suoi cento replicanti.
«Ecco le 7 regole d’oro del nostro gioco, state bene attenti. Se seguirete ciò che vi viene detto potrete avverare qualsiasi desiderio e portare a casa GRATIS, solo per oggi, ciò che avete sempre sognato».
puoi inserire il tuo biglietto vincente nell’apposita fessura una sola volta
quando l’avrai fatto, potrai scegliere dai monitor entro 40 secondi il tuo giocattolo preferito
avrai una sola possibilità di scelta, cioè potrai digitare sulla tastiera il numero del monitor che sta trasmettendo l’immagine dell’oggetto
puoi scegliere solo quello che gli altri non stanno prenotando. Se un’altra persona avrà desiderato la stessa cosa e digitato lo stesso numero, la scelta di entrambe sarà annullata
al termine della scelta o dei 40 secondi il tuo biglietto non è più valido e dovrai lasciare la postazione a qualcun altro
puoi riprovarci andando al primo piano dove c’è Strizzapizza e tentare di nuovo la fortuna: comprando un trancio di pizza in omaggio ricevi un altro GIOKApass per i premi di consolazione.
riuscirai a portar via ciò che hai desiderato solo se sarai furbo e determinato!
L’eccitazione era palpabile, ma non scoppiò la confusione come ci si sarebbe aspettati, anzi, sembrava di stare in una sala operatoria. Le persone parlavano sottovoce per non rompere la concentrazione, mentre sui monitor apparivano le prime immagini dei “desiderabili”.
Piscine gonfiabili super accessoriate… minimoto fiammeggianti… bambole alte 1 metro e mezzo che parlavano e ti insegnavano pure l’inglese e il francese… playstation ultimo modello… mostri incredibili… peluche giganteschi… microscopi… set per il calcio, con scarpini e magliette da personalizzare… scatole di trucchi da far invidia ad Hollywood… e poi ancora minicomputer… telefonini alla moda… piste elettriche per macchinine e treni… vere e proprie canoe… un kit per imbalsamare piccoli animali… cuccioli di tutte le specie…
Qualcuno spingeva per il poprio turno, altri restavano lontani dal bancone a farsi una “sbronza” visiva, in attesa di captare qualcosa di veramente eccezionale, unico. Se poi era una sequenza a circolo chiuso forse si sarebbe ripetuta e bastava cogliere il momento giusto per avvicinarsi al bancone. Le tattiche erano le più varie, ma molti erano quelli che finivano il turno con la faccia delusa di chi aveva consumato il proprio tempo senza riuscire a decidere o di chi si era visto annullare la propria scelta perché altri avevano digitato contemporaneamente quel numero.
Ogni tanto però si alzava un urlo di gioia e un ragazzino veniva accompagnato dal parente di turno, gonfio come un tacchino, fin dove iniziava il labirinto degli scaffali.
Era più tosto del previsto, ma Filippo si fece coraggio perché sapeva benissimo cosa voleva portarsi a casa. Guardò il bambino davanti a lui che aveva appena vinto e sentì crescere la sua convinzione, poi si avvicinò al bancone e urtò la spalla di uno che voleva prendere il suo posto.
«Alessio?»
«Scansati, ciccione, tocca a me.»
«Col cavolo, ci sono prima io!» Filippo infilò in un battibaleno il biglietto nella postazione, i 40 secondi partirono sul timer e le sue mani iniziarono a sudare.
Non c’era, non veniva fuori… no, eccola, meglio rossa, no quella verde sul 34, c’è la spider sul 67… mancavano 3 secondi e Filippo provò un brivido freddo, digitò il 56 (o il 46? Non ne era sicuro…). Sul monitor 56 apparve la scritta HAI VINTO e un grido di liberazione uscì dalle sue labbra carnose. Fece uno sberleffo ad Alessio e lo lasciò di sasso.
Valentino era piccolo, come avrebbe fatto a scegliere nel modo giusto? Matteo guardava il fratello mentre fissava la colonna luminosa.
«Vuoi provarci?» Valentino fece sì con la testa, ma non disse nulla.
Alicia stava facendo la fila dall’altra parte e così i due fratelli Conti si avvicinarono al bancone. Appena infilato il biglietto partì il loro conto alla rovescia e Matteo teneva in braccio Vale perché arrivasse bene alla tastiera. “Perché non decide? Prendi quello, dài, qualsiasi roba va bene, basta che non sia una roba da femmine… muoviti… “ pensava Matteo, ma non voleva mettere ansia al fratellino che se ne restava immobile. 15 secondi. Matteo ebbe la tentazione di desiderare qualcosa per sè, che male c’era? Piuttosto che andasse sprecata l’occasione!… 10 secondi. Il modello 125, doppie sospensioni… Il timer segnava 2… 1 e Matteo digitò un numero, mentre Valentino non si era nemmeno mosso. HAI VINTO, diceva il monitor e i due fratelli si guardarono un po’ increduli. Agli scaffali, poi, trovarono Alicia.
«Hai vinto anche tu?»
«Sembra di sì» rispose Alicia con gli occhi a mandorla che sorridevano.
Un pianto in stile “sirena bitonale” scattò alle loro spalle. Tutti si girarono verso la bambina col vestito rosso a puois che strillava e tirava calci al suo papà, mentre la staccava a forza dal bancone. La bambina-fragola era inconsolabile, la mamma aveva un bel daffare a ripetere che sarebbero andati allo Strizzapizza… prometteva altri 10 biglietti, niente… era arrivata ad assicurare di comprarle ciò che aveva desiderato qualsiasi costo avesse…
Uscirono dal reparto come fossero su un camion dei pompieri.

Tutti quelli che vincevano ricevevano un carrello, un braccialetto fissato al polso e una tesserina con colore, lettera e una sequenza di numeri strani. La spiegazione veloce fornita dal personale del reparto sembrava chiara… all’inizio. Il colore è la zona, la lettera la fila di scaffali, il primo numero è il ripiano… o il numero della cesta?…No, il primo si riferisce al settore dello scaffale…
Nel labirinto molti bambini e genitori, nonni, zii, amici si consultavano tra gli articoli bellissimi e nuovi di zecca che distraevano nella ricerca. Ogni volta che pensavi di essere nella tua zona l’occhio ti cascava su qualcosa di più interessante e con la scusa di darci solo una sbirciatina, di toccarlo o provare a giocarci solo un attimo, finivi per perdere l’orientamento e dovevi ricominciare da capo.
«Il colore è la zona, non vedi per terra la linea azzurra?» Alicia cercava di convincere Matteo della sua teoria «seguiamo il segnale a terra e ci arriveremo di sicuro.»
«Ma allora cosa sono quei numeri appesi? Non vedi? 3473, noi abbiamo il 3579 sarà da ‘sta parte, no?» Valentino si annoiava in questo lavoro di decodificazione e si perdeva continuamente tra gli scaffali pieni di pupazzi alieni e astronavi, costringendo gli altri due a inseguirlo per poi riprendere a discutere. Quelli che però passavano stringendo a sé l’oggetto scelto, rassicuravano che con un po’ di pazienza era possibile farcela. In realtà molti di quelli che trovavano il loro regalo finivano per cedere a qualche allettante promozione. Alcuni cartelli come “MEGLIO CAMBIARE” o persone in carne e ossa offrivano scambi vantaggiosi, 3x2 e altre cose simili che mettevano in crisi e così capitava che uno uscisse dal reparto convinto di aver fatto un affare, ma con in mano qualcosa di totalmente diverso da ciò che aveva desiderato. All’uscita del reparto poi la cassa controllava elettronicamente che il premio fosse giusto in base al braccialetto indossato, per cui non si poteva fare certo i furbi e mettere nel carrello un articolo a caso. Filippo vide uno dei suoi compagni di scuola che trasportava un modellino d’aereo telecomandato e gli venne il dubbio di essere stato banale nello scegliere una bici. Forse era davvero un poppante come lo aveva chiamato Alessio. Così tornò sui suoi passi e nel settore arancio accettò lo scambio del premio, cogliendo al volo una promozione “CAMBIA ORA O MAI PIU’”.
Alla cassa verificarono che lo scambio fosse regolare, controllando su un display collegato al reparto e, mentre gli stavano togliendo il bracialetto dal polso, si complimentavano con lui per l’ottima scelta… Filippo provò un’ondata di nostalgia per quella nuova bici verde metallizzata che aveva tanto sognato, ma che ora non aveva con sé e si sentì improvvisamente triste.

Seguendo il percorso azzurro si era arrivati veramente nel settore del premio di Alicia, ovvero il bricolage.
«Dev’esserci un errore» commentò Matteo «ma tu cosa hai scelto?»
Alicia sapeva perfettamente di essere nel posto giusto, mentre però passava un dito sulle confezioni di colori a tempera, pensò alla risata che Matteo si sarebbe fatto vedendo il suo premio. Si accorse come quest’ultimo non aveva poi così importanza rispetto all’opinione del ragazzo su di lei.
«Sì… ci dev’essere un errore nella tesserina. Beh, mi sono stufata di cercare ‘sta roba, perché non prendiamo il premio di Valentino e andiamo fuori?»
Ci vollero altri 10 minuti buoni per trovare il numero 3579 del settore giallo, riga H, scaffale 44/237 ma si trattava di una scatola cellofanata con l’immagine di una navetta spaziale sul coperchio che portava il numero 125.
Valentino la sollevò a fatica, perché era decisamente pesante per lui, ma era tranquillo, come se avesse saputo cosa fosse. In realtà nessuno di loro si ricordava una pubblicità in TV che reclamizzava quell’immagine.
I successivi 15 minuti servirono a cercare inutilmente l’uscita delle casse e alla fine i tre si avviarono verso l’assistenza clienti seguendo la stella oro con la “I”.
Allo stand dell’assistenza ritrovarono Susanna sui suoi pattini.
«Ciao ragazzi! Come è andata? Wow, che bel gioco!!!»
«Ciao Susanna! Noi vorremmo… uscire. Puoi darci una mano?»«Ma che discorsi, sono qui apposta!…Un gioco in 3? Beh, potete considerarvi fortunati, non tutti oggi hanno portato a casa quello che desideravano.» Susanna fluttuando sui suoi pattini parlava a raffica e intanto li accompagnò alle casse. Nessuno di loro avrebbe saputo spiegare come aveva fatto e ringraziandola ancora, lei sparì di nuovo nel labirinto.
MESE DEGLI INCONTRI
Dove siete?
Alla fontana
Come tanti altri clienti, stanchi di girare per negozi, Alicia, Matteo e Valentino avevano conquistato una panchina nella piazzetta della fontana e osservavano il loro pacco chiuso nel cellophane.
«Hai sentito cosa ha detto Susanna? Non tutti i bambini oggi hanno portato a casa ciò che hanno desiderato» disse Alicia nel tentativo di incoraggiare Valentino pensoso davanti a quel pacco.
«Io non ho schiacciato nessun bottone» rispose sincero Valentino “è stato Teo, è il suo desiderio.»
Alicia si girò stupita verso lo spilungone dalle treccine bionde e pensò a quel “…vai come un missile!” usato da Susanna: che fosse il nuovo modello di skate?
«Non chiedermi cosa sia» la bruciò sul tempo Teo, leggendole nel pensiero «Valentino non si muoveva e il tempo scorreva… io avevo anche pensato allo skate… poi quell’immagine sul monitor 6… ho creduto che a Valentino sarebbe piaciuto, lui è un maniaco di tutto quello che va nello spazio.”
«Sentito? Tuo fratello ha scelto un regalo… per te, non sei contento? Puoi aprirlo.»
Sotto il suo nasetto a punta a Valentino spuntò un sorriso con una finestrella aperta e iniziò a scartare il premio del GIOKAcity.
Accanto alla loro panchina c’era un ragazzo con una faccia conosciuta che sedeva su uno scatolone ancora sigillato. Era Filippo che, apparentemente assente, scrutava i carrelli strapieni mentre uscivano dall’ipermercato: si domandava per quale legge di anti-gravità tutta quella roba riuscisse a star su.
Una volta tolto il coperchio la scatola rivelò il suo contenuto.
«Sembra un progetto, no, aspetta… sono istruzioni… sì, per la costruzione… di un’astronave!»
«Un missile!» esclamò Valentino.
«Un’astronave?» domandò Alicia.
«Se avete un’astronave, io sono pronta a partire!» disse la signora Conti schioccando un bacio sulla testa di Valentino che le saltò immediatamente al collo.
«Ah, ciao mamma. No… è solo il gioco che Valentino ha vinto al Giokacity.»
«Ci siete stati? Com’era? Ma come avete fatto ad entrare?!»
Dopo aver presentato Alicia… il pomeriggio breve, ma intenso, fu presto raccontato alla mamma, con gli incisi di Valentino, capaci di sottolineare quelle cose a cui gli altri non avevano nemmeno fatto caso.
«E’ stato sicuramente meglio del mio, con tutta quella ressa al buffet…» confidò la signora Conti. «Mi spiace avervi lasciati soli, ma siccome siete ancora tutti interi, posso mantenere la mia promessa: scegliete qualcosa di speciale… che non mi faccia accendere un mutuo, si intende!»
Matteo e Valentino si scambiarono un’occhiata di intesa fraterna e Alicia pensò che le sarebbe piaciuto tanto conoscere quella complicità con qualcuno dei suoi fratelli. Si volevano bene, sì, ma col fatto che erano tutti maschi li sentiva troppo lontani…
«Ehi, ma tu non sei Filippo?» La signora Conti aveva riconosciuto il ragazzo seduto a pochi metri come l’unico figlio dell’architetto Biasi.
Filippo sentendo il suo nome si destò dalle sue teorie antigravitazionali.
«Ah? Sì, sono Filippo… ma lei chi è?»
«Sono un’amica di tuo papà. E’ di sopra al buffet, lo sai, no? Sei qui con lui?»
«Veramente ero venuto con i miei compagni di classe, ma poi… ecco… li ho persi.»
«Hai vinto anche tu al GIOKAcity» osservò Alicia indicando lo scatolone.
«Credo di sì» Filippo, era abituato a fare il prepotente e a mettersi sempre in mostra per ciò che possedeva, ma in quel momento la sua delusione era troppo grande per riuscire a nasconderla.
«Mamma, abbiamo scelto!» Valentino e Teo erano pronti per un annuncio ufficiale. «Vorremmo che in settimana ci aiutassi a trovare tutti i materiali per costruire questa specie di astronave… e per oggi: una mega fetta di torta con i pistacchi, da Cannella!!!»
«Tutto qui? Mi costate poco. Allora, se permettete, ci aggiungo io qualcosa: faccio un salto qui dentro a prendere gli ingredienti e la torta ve la faccio a casa come la faceva la nonna Matilde!”
«Sììì!» Era bello fare accordi con la mamma. La signora Conti prese portafoglio e telefonino dalla borsa.
«Chi chiami?»
«L’architetto Biasi. Filippo non hai voglia di venire a casa con noi per la merenda?»
Filippo fu spiazzato da un invito così… “gratuito”. Dopo l’avventura al GIOKAcity e quello che aveva fatto ad Alessio, si prospettava un pomeriggio di vagabondaggio solitario all’Antares in attesa che suo padre finisse i suoi impegni e lo portasse a casa.
«Se mio papà dice di sì… vengo di volata!»
«Naturalmente, anche Alicia è invitata.»
«Grazie signora» rispose Alicia con un filo di voce.
La giornata si concluse così a casa Conti tra un thè freddo e una grossa fetta di torta.
Quello che successe nelle due settimane successive, invece, fu un crescendo di fatti insoliti.

La confezione in cui era contenuto il regalo era fornita di fogli di istruzioni e qualche irriconoscibile pezzo: una cosa che sembrava una valvola, una serpentina, un sacchetto di polverina grigia, un mini-paracadute…
Sembrava uno di quei giochi di montaggio a metà tra il modellismo e il piccolo chimico. In realtà chiedeva di procurarsi cose assai comuni per lo più di riciclaggio o qualche oggetto nuovo che però serviva ad usi insoliti. Quando Matteo andò dall’enoteca all’angolo a chiedere un vecchio imbuto di alluminio, il proprietario si sbellicò dalle risate sentendosi rispondere che era per la costruzione di uno Shuttle! Però poi volle saperne di più e in cambio del pezzo “gratis”, si fece promettere da Teo che sarebbe stato tra gli invitati il giorno del primo “lancio”.
Anche il reparto Chifadasè dell’Antares era diventato uno dei fornitori dei piccoli oggetti che servivano, ma Matteo era entrato sempre cercando qualcosa di preciso e ne era uscito soddisfatto, senza dover mai chiedere aiuto all’assistenza clienti!
Ernesto, lo zio di Filippo, era un mago dell’elettronica e si offrì di dare una mano nel trasformare il radiocomando del SUV del nipote, come suggerivano le istruzioni. Per Filippo, infatti, da quel sabato, casa Conti era diventata la sua seconda casa e aveva donato alcuni pezzi del premio vinto al GIOKAcity, perché possedeva già 3 macchine radiocomandate e sentiva una particolare avversione per quel gioco che aveva preso il posto della sua desiderata bicicletta verde metalizzata.
La costruzione procedeva nel garage dei Conti e la domenica successiva anche Alicia apparve sulla porta dove Ernesto, Matteo e gli altri stavano armeggiando tra viti e bulloni.
«Ciao, passavo di qua.»
«Ciao, Alicia!» Tutti erano contenti di vederla, ma Valentino prese la rincorsa e le saltò addosso arrampicandosi come una scimmietta (cosa che riusciva meglio sulle gambe del papà perchè era alto 1 metro e 90).
«Vi darei volentieri una mano, se avessi una qualche capacità da ingegnere.»
Ernesto diede un’occhiata ai pezzi sparsi sul tavolino, poi controllò il foglio delle istruzioni.
«C’è una cosa che ci manca e potresti procurarla proprio tu. Fai un salto in farmacia a comprare del bicarbonato, eccoti i soldi.»
Ad Alicia sfuggiva il senso di quella commissione, ma era bello poter contribuire alla costruzione dell’astronave. Tramite qualche sms scambiato con Matteo le era sembrato molto preso dalla cosa e nonostante l’impresa fosse un po’ folle e praticamente…”inutile” (perché cosa c’è di più inutile di far fare un salto ad un giocattolo di latta!?) aveva messo in moto più persone e quasi tutto il vicinato parlava del garage dei Conti come di un’officina della Nasa.
Quando tutti i pezzi furono recuperati e assemblati come da schema, le prove per il “carburante” si spostarono a villa Biasi, perché era dotata di un gran giardino e le poteva fare solo Ernesto che era un adulto. I ragazzi giocavano con Spoc, il cane dei Biasi, e ogni dieci minuti circa controllavano che Ernesto fosse a buon punto e che, soprattutto, fosse ancora “tutto intero”.
Domenica 27, alle ore 15.00, fu organizzato il primo lancio nel giardino dei Biasi.
C’erano i ragazzi e le loro famiglie, qualche parente, un po’ di vicini curiosi, chi aveva contribuito materialmente (come il proprietario dell’enoteca) e a cui era stato riservato un posto in prima fila.
Il CBTShuttle (chiamato così dai cognomi dei ragazzi) non era grande, ma era uno splendore e pochi avrebbero detto che era fatto con materiali di recupero, se ne stava ritto nella sua rampa di lancio sotto gli occhi speranzosi di tutti.
Quel “bussolotto” - come lo chiamava il nonno Biasi - era servito a conoscere gente diversa, a stringere amicizia, ad usare con entusiasmo ogni minuto di tempo libero e poi… aveva fatto assaggiare a tutti il sapore dell’impresa. Che importava se si fosse alzato da terra anche solo di 10 cm o fosse scoppiato in aria come un grosso fuoco d’artificio?
Valentino, in quanto il più giovane, aveva il grande onore di dare il via con il radiocomando.
Iniziò il conto alla rovescia… 10…9…8…7…6…5…4…3…2…1… contatto!
TEMPO ESTATE ECCEZIONALE
L’ Antares era aperto da quasi 8 mesi ed era ormai un punto di riferimento per tutti gli abitanti della cittadina. Moltissimi clienti provenivano anche dal resto della regione, perché il considerevole numero di negozi, unito ad alcune scelte azzeccate di promozione e animazione, faceva sì che la gente fosse continuamente incuriosita e richiamata, tanto che, nelle domeniche di apertura, alcune famiglie sceglievano di passarci dentro l’intera giornata.
Questa apertura domenicale aveva sollevato non poche polemiche e c’era chi aveva organizzato di tutto: dalle campagne di boicottaggio alle pedalate ecologiche con partenza proprio dal piazzale del Centro commerciale, per offrire alternative ad una domenica di esclusivo consumo.
I piccoli commercianti poi erano perennemente in battaglia. Richiamavano l’attenzione sui propri diritti con articoli di fuoco nei giornali e manifestazioni di protesta per il mancato guadagno, denunciando la prossima chiusura di molti negozietti del centro storico.
Alicia sedeva sulla panchina con in mano l’ennesimo volantino di protesta che le era stato consegnato nel piazzale dalla associazione degli esercenti. La fontana di La Fuente gorgogliava alle sue spalle, recentemente riattivata dopo un attacco di vandalismo giovanile che l’aveva tasformata in una gigantesca bambola “sbrodolina” innondando di schiuma tutta la piazzola. C’erano voluti due giorni per ripulire il tutto. Alicia aspettava le 15.00 in una giornata bellissima, con il sole che entrava dai finestroni per giocare sugli spruzzi d’acqua.
Con quelle belle giornate era difficile per un ragazzino pensare di abbronzarsi alla luce dei neon dell’Antares, ma, dovendo accompagnare i genitori nella spesa, c’era chi si accontentava delle offerte di svago del Centro come fosse un enorme parco-giochi. Per un bambino delle elementari salire e scendere sulle scale mobili o anche spingere il carrello poteva risultare divertente, ma non poteva comunque riempire tutto il pomeriggio. C’era il momento in cui si passava nel reparto che più interessava, ma durava sempre troppo poco, per il resto ci si annoiava tanto al Tuttocasa quanto al Chifadasè. I più grandi ottenevano il permesso di andare a girovagare al Giokacity e magari comprarsi qualcosa.
A dire il vero i bambini più creativi sapevano cogliere uno spunto qualsiasi per farlo diventare gioco. Alicia notò una ragazzina che nel corridoio aveva inventato un percorso con delle regole ben precise calpestando i disegni sul pavimento del corridoio (saltare i quadrati bianchi, mettere sempre il piede destro sulla riga blu e cercare di arrivare alla striscia, in meno di tre passi… cose di questo genere). Molto probabilmente la bimba, così concentrata, avrebbe finito per allontanarsi, non vista da mamma e nonna impegnate in tutt’altro. Tutto nella norma: da qualche mese all’Antares il personale come Susanna, la ragazza sui pattini, aveva recuperato più di 100 “bambini sperduti” accompagnandoli all’assistenza e lanciando un appello ai genitori perché li venissero a recuperare come si fa in estate dagli altoparlanti dei camping.
«Susanna!» sussultò Alicia «Che fine avrà fatto?»
La fatina con le rotelle, come l’aveva segretamente soprannominata, era stata una vera apparizione il giorno dell’inaugurazione, ma poi, in tutte le volte che le era capitato di tornare all’Antares, non l’aveva più incontrata.
“Forse compare davvero al richiamo di PIZZA…PIZZA… di qualche bambino capriccioso…” si disse Alicia.
Lo Strizzapizza e il Belvedere erano poi stati eletti i due maggiori punti di ritrovo per i ragazzi della sua età o dei primi anni delle superiori. Il sabato pomeriggio si faceva qualche “vasca” nel corridoio al 4° piano quello con i negozi più “fashion” per i giovani, un po’ di shopping - se le tasche lo permettevano - e poi si faceva la spola tra lo strizza e il belve, dove il “belvedere” non era tanto il panorama della città, ma i gruppetti del sesso opposto che si appollaiavano su panchine e parapetti come fossero in vetrina. Alicia pensò che forse le sue compagne la consideravano un po’ “anormale” visto che non amava molto questo modo di frequentare l’Antares, ma tutte le volte che l’avevano convinta a stare con loro si era divertita solo a tratti e poi era tornata a casa forse anche un po’ più vuota di prima.
A lei piacevano altre cose, come correre sui pattini e andare al porticciolo dove c’erano le barche a vela, dipingere, far giocare i bambini più piccoli del suo condominio…I bambini erano la sua vera passione e si sentiva bruciare dentro quando li vedeva maltrattati nei TG o di persona.

INIZIATIVA ANNUALE/AMBIENTAZIONE

Iniziativa Annuale/Ambientazione

Il centro commerciale

- Il centro commerciale è il luogo che meglio di tutti descrive la logica dell’uomo del nostro tempo: andare alla continua ricerca di qualcosa, perché eternamente insoddisfatto, desiderare di possedere qualcosa di nuovo, perché sicuramente lo renderà più felice e appagato.
Fondamentalmente l’uomo di oggi è un essere che percepisce la sua incompiutezza, non come caratteristica della sua natura, ma come un male morboso dal quale deve curarsi ad ogni costo e questo non può che avvenire nel tentativo di acquisire tutto ciò che gli “manca”.
Ma questa mancanza è realmente una necessità, che si appaga mettendo mano al portafoglio oppure cela qualche altro bisogno?
- Oggi vige la logica di mettere tutto in vista, tutto deve essere esposto in vetrina: a partire dal corpo, da ciò che si possiede, dalla posizione che si ricopre, fino ad arrivare ai sentimenti e ai desideri, che spesso vengono esposti nelle vetrine dei talk-show e delle trasmissioni.
In questa “corsa” a comprare tutto ciò che ci manca però, non troviamo da nessuna parte alcuni “prodotti”, forse perché noi li cerchiamo pronti e imbustati, ma in realtà necessitano di una lavorazione da parte nostra.
- Il centro commerciale può essere anche il tipico luogo di ritrovo dei nostri ragazzi: allora per i più grandi sarà il punto di incontro del proprio gruppo di amici, per i più piccoli il luogo in cui andare con la mamma e il papà a fare compere.
I bambini e i ragazzi passano diverso tempo nei centri commerciali della propria città o se abitano lontani, li vedono come un fantastico “paese dei balocchi” in cui trascorrere la domenica (altro che Domenica giorno del Signore!) e in cui tutto si può sognare, tutto si può desiderare, tutto si può ottenere…
- Se si va al centro commerciale perché abbiamo bisogno di qualcosa, occorre girare e rigirare per trovare ciò che realmente si cerca. E in questo girovagare facilmente si viene attratti da altre cose che neppure pensavamo di incontrare, tanto che alla fine si può rischiare di perdere totalmente di vista l’obiettivo iniziale con il quale si è entrati.
- Perdere l’obiettivo per il quale siamo entrati, è un rischio in cui facilmente si può cadere, questo perché il centro commerciale è un luogo in cui si trova “di tutto e di più” e questo ci confonde.
Proprio questa abbondanza che ci circonda ci può confondere e se non abbiamo un’idea chiara di cosa abbiamo bisogno, di cosa desideriamo, rischiamo di “riempire il carrello vuoto” di cose, magari inutili, che rallentano il nostro cammino (di quante cose riempiamo a volte i vuoti della nostra esistenza!).
Nel cammino della sequela, così come nel centro commerciale, è necessario essere padroni di se stessi, conoscersi autenticamente per poter e saper scegliere. E’ la logica del discernimento che deve animare chi si mette in cammino come discepolo di Cristo; un discernimento che si opera sulle piccole e grandi scelte di vita, fatto di ascolto profondo della Parola, di relazione con Dio, di partecipazione alla sua vita e alla missione che ci affida. Come in un centro commerciale è necessario entrare con una lista della spesa per evitare di lasciarsi distogliere troppo da tutto ciò che si trova, così nella vita del discepolo la regola di vita lo aiuta ad operare costantemente il discernimento secondo il progetto e i desideri di Dio e non secondo la logica del mondo.
Anche in un luogo come il centro commerciale si po’ imparare a fare esercizio di essenzialità, puntando realmente a ciò che soddisfa in modo duraturo, si può imparare a valutare di cosa realmente si ha bisogno, si può scegliere il modo in cui essere felici.


Le 4 fasi

Prima fase
GUARDARSI DENTRO
Analizzare i propri bisogni: “fare pulizia di ciò che non serve”/ puntare all’Essenzialità.
Solo se il ragazzo ha chiaro di cosa ha bisogno è capace di rispondere alle “chiamate” del Signore mettendosi alla sua sequela.

Atteggiamento prevalente: PARTECIPAZIONE

Seconda fase
DISCERNIMENTO
Esercitare il desiderio della ricerca/non accontentarsi delle scelte più facili.
Il ragazzo cerca di leggersi dentro, di comprendere cosa lo appaga veramente e cosa no. Si tratta di un esercizio che richiede tempo e che non impara una volta per tutte, ma dura tutta una vita e chiede al ragazzo il coraggio di intraprendere anche vie tortuose, ma di cui vale la pena.
La vita di ognuno è minata continuamente da distrazioni, da momenti di stanchezza, che possono sviare dagli impegni presi, dagli obiettivi fissati; non per questo bisogna che il ragazzo veda le tentazioni con terrore, perché fanno parte della vita di ognuno, di fronte ad esse non si fugge, ma si conoscono e si sceglie di allontanarle.
In questa seconda fase il ragazzo può maturare la disponibilità alla conversione e la capacità di discernimento attraverso una propria regola di vita.

Atteggiamento prevalente: DISPONIBILITA’

Terza fase
METTERE LE GAMBE AI SOGNI
Orientare i propri desideri, oramai depurati, verso delle scelte concrete/mature.
Quando i desideri sono depurati da ciò che non è “vero e buono”, il ragazzo è pronto a trasformare quei sogni in realtà; una realtà che non è altro che il progetto di Dio sull’uomo che si realizza strada facendo, nel quale ciascun ragazzo è a pieno titolo responsabile e protagonista.
Questa fase potrebbe anche svolgersi fuori dall’ambientazione iniziale; il centro commerciale non ti basta, ti spinge ad andare fuori. Non è qui che trovi Colui che cerchi e che hai imparato a cercare e a desiderare.
I ragazzi potrebbero fare loro dei “mercatini” per le piazze per condividere con gli altri questa scoperta!

Atteggiamento prevalente: CONDIVISIONE

Quarta fase
FEDELTA’
Fare attenzione a non perdere di vista l’obiettivo iniziale, durante il cammino.
La strada della sequela a volta di rivela difficile e tortuosa e alcuni incroci pericolosi possono distoglierci dal nostro obiettivo, facendoci scegliere altri percorsi. E’ l’eterna fatica dell’essere fedeli. Se nel cammino formativo dell’anno i ragazzi hanno imparato a saper leggere e decifrare i propri desideri, a discernere tra loro quelli positivi, ad orientarli verso un centro (= ricerca di Dio), in questa fase saranno chiamati a restare fedeli ai desideri che Dio ha messo nel loro cuore, anche se le situazioni di vita (luoghi di vacanza, contesti diversi, relazioni nuove) possono mettere a dura prova le proprie scelte.

Atteggiamento prevalente: ACCOGLIENZA

IL BRANO DELL'ANNO

...MI BASTI TU!
Marco 8, 27-36
27Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: "Chi dice la gente che io sia?". 28Ed essi gli risposero: "Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti". 29Ma egli replicò: "E voi chi dite che io sia?". Pietro gli rispose: "Tu sei il Cristo". 30E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. 31E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. 32Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. 33Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". 34Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 35Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. 36Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?

Il brano biblico scelto per quest’anno associativo mette in evidenza l’atteggiamento di chi vuole farsi autentico discepolo di Cristo. In particolare emerge come Gesù educa i nostri desideri; l’impulsività di Pietro gli ha fatto credere di poter guidare lui il Maestro anziché lasciarsi condurre per mano nel comprendere il mistero di Dio. Il brano evidenzia che nel cammino della sequela, anche se riusciamo a riconoscere che Gesù è per noi il Cristo, dobbiamo stare attenti a non costruirci un’idea di Dio secondo i nostri schemi mentali, ma dobbiamo lasciarci condurre da lui sulla strada che ha tracciato per noi.

Alcune sottolineature:
- Gesù ci chiede di farci un’idea di lui, ci coinvolge in prima persona, non ci lascia solo spettatori di un evento (la salvezza) che ci coinvolge. Avere chiara l’idea che portiamo dentro di noi è il primo passo per un cammino di fede e di sequela.
- difficoltà dei discepoli nel comprendere il progetto di salvezza che Dio ha per l’uomo.
- radicalità della sequela. Al discepolo Gesù chiede solo di seguirlo, nella consapevolezza che il cammino porta anche incontro alla croce.
- Dio riconosce la bontà di ciò che portiamo nel cuore, ma vuole educare i nostri desideri. A volte possiamo ritrovarci a metterci davanti a lui, volendo orientare il cammino. Dio ci riporta alla concretezza dell’essere discepoli, cioè del seguirlo. Il rinnegare se stessi della sequela non è un “farsi violenza”, ma un orientare la propria vita a Dio.
- “se qualcuno vuole venire dietro di me”. Seguire Cristo non deriva da una chiamata che obbliga, ma è sempre una scelta che Dio ci lascia compiere. Gesù vuole verificare il nostro desiderio di Dio, perché solo chi desidera ardentemente una relazione profonda con Dio può mettersi sul cammino della sequela. Così potrà affrontare anche la croce.
- ci capita spesso di trovarci a camminare dietro al Cristo dei nostri desideri, con il rischio di beccarci qualche “rimprovero”, come Pietro; nella sequela siamo chiamati a conoscere e ad accettare il Cristo così come ce lo rivelano i vangeli, divenendo capaci di amare colui che per primo ci ha amati donando la sua vita per noi.

...mi basti TU!

VADEMECUM per la proposta formativa ACR 2008-2009
a cura della Commissione Itinerari Formativi Azione Cattolica dei Ragazzi

Categoria della sequela - Conversione al Vangelo della vita

Dal Progetto Formativo (§ 5.1)

Tale passaggio a una fede sempre più personale al Dio di Gesù Cristo, non consiste nell’assenso solo intellettuale a una serie di verità astratte, ma nell’adesione intima, esistenziale, fatta nella libertà e nell’amore, a un Tu personale che chiama a vivere con sé. Questa è l’esperienza dei primi discepoli; è quella dei santi di ogni tempo; questa è la conversione, l’allargamento di orizzonte che permette di collocare l’esistenza dentro un disegno più grande e cambia lo sguardo: un evento che ha in sé qualcosa dell’innamoramento.
Qui sta l’inizio di una relazione personale con il Signore Gesù: essa progressivamente coinvolge l’intelligenza, forze e cuore, facendo scoprire la ricchezza dei doni ricevuti.
Al dono di Dio si risponde con la vita, che cambia nella misura in cui ricalca le orme di Gesù e per questo diventa straordinariamente ricca, aperta a prospettive inedite, segnata com’è dal paradosso delle beatitudini evangeliche. Ciò che è accaduto ai primi discepoli non può che accadere ai discepoli di tutti i tempi: non si può dire di sì e continuare a vivere come prima. Questo spinge anche alla condivisione del dono ricevuto, attraverso la missione. La risposta al dono di Dio dà dunque un’impronta nuova all’esistenza, perché impegna – ad ogni età della vita – all’ascolto e alla preghiera, al discernimento, che rende liberi, a vivere ogni giorno la novità dell’esistenza e a far trasparire nella vita quotidiana i tratti di un’umanità realizzata e piena. La ricerca, la scoperta, la conversione e la missione sono tappe necessarie e costanti di una vita da discepoli.

Linee unitarie:
- Vangelo di Marco

Nell’anno della sequela vogliamo aiutare i ragazzi e a vivere un’esperienza consapevole del discepolato come risposta alla chiamata alla vita di Dio e a maturare quegli atteggiamenti che conformano sempre più la loro vita a Cristo e al Vangelo.
La sequela nasce da una chiamata che Dio ci rivolge, da un progetto di amore e di bene che egli nutre per ciascun uomo; è la scoperta di un Dio che ci cerca prima ancora che noi ci mettiamo in cammino, che gratuitamente fa balenare la possibilità di una vita nuova, decentrata da se stessi ed orientata a Dio e ai fratelli. E’ una chiamata gratuita che ci viene offerta come dono per realizzare un’umanità piena a partire dall’esistenza che quotidianamente ci troviamo a vivere. A questo dono non possiamo che rispondere donando la nostra stessa vita, lasciandoci trasformare dall’incontro e dalla relazione con Dio.
Ma la sequela nasce da un desiderio di ricerca che Dio stesso mette nel cuore dell’uomo. Il cammino formativo del prossimo anno vuole aiutare i ragazzi innanzitutto a “rintracciare” dentro se stessi questo desiderio di Dio che rende inquieta la vita (cf. S. Agostino); è il desiderio infatti che ci spinge all’incontro con Gesù, è il primo motore interiore che motiva la ricerca. E’ un desiderio che deve fondarsi più sull’essere che sull’avere e sul possedere, che costringe a guardare dentro di sé per scorgere i tratti che Dio ha disegnato dentro ciascuno di noi; come un fuoco, che ha bisogno di nuovo alimento, così il desiderio di Dio ha bisogno di riandare alle ragioni profonde e vitali, che lo inseriscono nel cuore dell’uomo come un’esigenza inderogabile (chi non ricorda la celebre parola di S. Agostino: «Fecisti nos ad Te, et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in Te». Tu ci hai creati per Te, ed il nostro cuore è inquieto, finché non si riposi in Te? [Confess. 1, 1; P.L. 32, 661]) (PAOLO VI, udienza generale del 23 dicembre 1964).
Guardando dentro nella loro vita i ragazzi scoprono tanti desideri che determinano quotidianamente le loro scelte; è necessario fare un’ “ecologia dei desideri” che li aiuti a saper discernere, tra tanti, il desiderio di Gesù che ci spinge più lontano, oltre ciò che possediamo e vediamo. Bisogna distinguere tra i bisogni che esigono un’immediata soddisfazione, e i desideri che invece motivano l’orientamento e le scelte della vita. Si tratta di aiutare i ragazzi a saper scegliere tra le tante offerte e proposte nel “supermercato” dei desideri! Il mondo di oggi propone loro tante e troppe possibilità; ma quali sono quelle orientate al Vangelo? Quali aiutano a vivere pienamente la relazione con Dio che libera e da pienezza alla vita?
Nella sequela di Cristo, non è sufficiente il desiderio, perché essa venga pienamente realizzata; essa comporta, infatti, la rinuncia ad ogni sicurezza, esige che si faccia l'esperienza profonda di quella povertà radicale, non tanto economica, ma esistenziale. E’ necessario un cambio di vita, un esodo da compiere dentro se stessi; “si è chiamati fuori e si deve semplicemente “fuoriuscire” dall’esistenza condotta fino a quel momento, si deve “esistere” nel senso più rigoroso della parola” (Dietrich Bonhoeffer).
Seguire Gesù, incondizionatamente, significa intraprendere una itineranza, prevalentemente interiore, che è, anche, un cammino di abbandoni e di croce. La sequela di Cristo, qualunque sia la modalità in cui essa si realizza, non può nascere, semplicemente, dal desiderio umano, ma deve avere la sua sorgente in Dio; è sua, infatti, l'iniziativa della chiamata.
Mettersi alla sequela di Cristo significa diventare conquistatori della propria vita, del progetto tracciato da Dio per noi. Per essere conquistatori bisogna essere capaci di sognare, di desiderare di raggiungere degli obiettivi. Solo se si hanno le idee chiare su dove si vuole andare si saprà organizzare un piano con cui agire, sapendo che è comunque un percorso fatto di intoppi, ma che proprio tra le salite e le discese c’è sempre Gesù che non smette di aspettarci e di stare al nostro fianco.

da SETE DI DIO, di Amedeo Cencini

Il desiderio, in generale, è legato alla verità della vita, di quello che noi siamo e che siamo chiamati a essere e ancora non siamo; per l'uomo credente il desiderio dell'uomo, l'unico vero desiderio, è di vedere Dio (Filippo: «...mostraci il Padre e ci basta», Gv 14,8), o di realizzarsi secondo il progetto che Dio ha su di lui, il progetto delle origini, quello che ci rende a sua immagine e somiglianza. Secondo l'antropologia biblica il desiderio appare come uno degli elementi che caratterizzano fin dall'inizio l'essere umano, se è vero che «il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne una nefesh vivente» (Gen 2,7), ovvero l'uomo vivente è presentato come un essere di desiderio, strutturato verso la relazione con l'altro/ Altro per la realizzazione di se stesso. L'uomo della rivelazione è il desiderante vivo. La struttura della sua persona in quanto essere di desiderio è orientata verso Dio, come la sentinella che attende l'aurora (cfr. Sal 42,2.6.12; 43,5).
A livello semplicemente umano, il desiderio esprime la tensione dell'individuo verso il suo compimento completamento; l'uomo desidera fondamentalmente realizzarsi nella verità di se stesso, si avverte carente e cerca la pienezza del proprio essere. Il desiderio è la proiezione di un sé migliore di quello attuale nel futuro, esprime l'anelito di ogni uomo verso un'immagine di se più vera e completa rispetto a quella del presente.

Apertura al futuro
Senza il futuro non si può desiderare, e quanto più il futuro si allarga, fino all’eterno, tanto più i desideri evolvono e vanno lontano (V. Andreoli). La tendenza a una vita iperconcreta, tesa cioè al subito, all’hic et nunc, al tutto immediatamente, vanifica il processo del desiderare e, bruciando tutto nel momento che scappa, priva di importanza il passato e ignora il futuro, chiudendo alla prospettiva della speranza. […]

Concezione progettuale della vita
Avere un desiderio significa concepire se stessi e l' esistenza in modo dinamico, non statico. Dunque implica concezione positiva di se, come di persona capace di impegnarsi o di dare il meglio di se stessa, lungo un cammino fatto di tappe intermedie da superare gradualmente e ordinatamente, di rinunce, sacrifici e fatiche da accettare, di obiettivi possibili e praticabili, per un progetto di fatto realizzabile. […]

Desiderare
Il desiderare è la capacità di canalizzare tutte le nostre energie verso un oggetto stimato centrale per noi. Non è quindi il cieco impulso, la voglia matta, l'istinto che spinge incontrollato, ma una tendenza significativa verso qualcosa che è apprezzato in sé. […]Per desiderare occorre avere un centro. Un centro che svolga sostanzialmente queste funzioni: che dia identità e verità al soggetto, sia in grado di attrarre e unificare le sue energie affettive, in modo da attivarne e orientarne la capacità decisionale. Il centro dunque è indispensabile, poiché svolge funzioni senza le quali non esiste autentica vita umana, non esiste io, non esiste desiderio alcuno ne possibilità alcuna di desiderare. Per questo deve essere centro significativo, ovvero capace di dare senso alla vita e alla storia del soggetto, verità sulla sua identità.


Domanda di vita – domanda di pienezza/ realizzazione

Nell’anno della sequela la domanda di vita è una domanda di pienezza/realizzazione. Vogliamo guardare al mondo dei ragazzi per scorgere quali attese essi portano con sé per riuscire a vivere una vita piena, bella e luminosa.

- Ciò che ci aiuta i ragazzi a spingersi verso la realizzazione della propria vita è il “desiderare”. Il desiderio è legato alla verità della nostra vita, di quello che siamo e che siamo chiamati ad essere. Ciascuno di noi è un “essere in desiderio” che durante tutta la sua esistenza è chiamato a realizzare pienamente se stesso secondo il progetto che Dio ha su di lui.
- I ragazzi oggi chiedono di sentirsi riconosciuti per quello che sono, con la loro storia, le loro passioni, i loro errori e i loro sogni; il desiderio di sentirsi amati abita la loro vita e si esprime attraverso l’attenzione che, soprattutto i più piccoli, cercano da chi gli sta intorno.
- Oggi i bambini e i ragazzi, seppur conservano potenzialmente una forte capacità di desiderare una vita piena, di sognare e realizzare “grandi cose”, stentano a coltivare questa dimensione nella loro vita. Sono “troppo pieni”, legati a possedere più che a desiderare, sia le cose materiali che le persone. A volte anche gli adulti che hanno accanto non li stimolano a sostenere e a far crescere questa capacità nella loro quotidianità; preferiscono continuare a “riempire” la loro vita piuttosto che aiutarli a spiccare il volo. Il desiderio di pienezza dei ragazzi oggi si scontra con una cultura che li rimpingua, girando intorno ai problemi e non andando mai al cuore delle situazioni. I ragazzi si vedono persi, disorganizzati, non sanno dove appigliarsi per realizzare questa pienezza.
- I desideri dei ragazzi appaiono quindi più come dei bisogni che non sono incanalati verso l’altro e verso Dio, facendo perdere così quella dimensione di trascendenza che presuppone un rapporto personale con Dio.
- Desiderare è concepire se stessi in modo dinamico, non statico, in un cammino fatto di tappe che scandiscono un progetto di fatto realizzabile. I ragazzi chiedono di essere aiutati a non pensare solo al “tutto e subito”, ma a coltivare i propri desideri e sogni più profondi, per incontrare il sogno di Dio su ciascuno di loro.
- Il desiderio si esprime sempre all’interno di una relazione, è un’uscita da sé per incontrare l’altro. I ragazzi chiedono di poter vivere a pieno le loro relazioni con i coetanei, in famiglia, con le figure educative, perché è proprio nelle relazioni ben vissute e costruite che la loro esistenza è vissuta in pienezza. Ma la relazione che dà pienezza e completezza alla vita è la relazione personale con Dio. Solo in questo rapporto il ragazzo si percepisce amato da sempre, accompagnato e sostenuto lungo il cammino. Il desiderio (de-sidus=mancanza di una stella) di Dio è ciò che spinge alla ricerca e a mettersi alla sequela di Cristo sulle orme del Vangelo. Dio diventa il punto fisso verso il quale convergere tutta la propria esistenza.
- Desiderare è anche far luce su se stessi, sulla propria identità. Il desiderio ci prende dal profondo del nostro cuore, e ci costringe a verificare chi vogliamo essere, dove stiamo andando, e soprattutto verso dove camminiamo. “L’identità non è qualcosa di per sé già dato quanto piuttosto il risultato di diversi processi intrapersonali e interpersonali, che contribuiscono alla formazione di se stessi. Il desiderio di sentirsi attivi e protagonisti nella progettazione della proprio vita emerge in modo particolarmente evidente oggi” (Pierluigi Cabri, in “Le sfide dell’educazione, CEI.) I ragazzi chiedono di vivere, nella vita quotidiana, delle esperienze che li aiutino a fare chiarezza sulla propria esistenza e a sentirsi protagonisti nella costruzione del proprio progetto di vita.

I ragazzi chiedono:
- chiedono nelle persone che gli stanno accanto una presenza costante, ma discreta che non tolga la capacità e la voglia di sognare, desiderare;
- chiedono di essere accompagnati, sostenuti, incoraggiati nell’affrontare i loro successi frutto del loro impegno e i loro insuccessi che diventano occasione per riflettere, “desiderare-sognare” di risorgere;
- chiedono di essere aiutati a rimanere fedeli agli impegni scelti/presi e a lottare in ogni modo alla conquista degli obiettivi fissati.

La declinazione della domanda di vita per fasce d’età verrà realizzata in ciascuna commissione.



Atteggiamenti: partecipazione, accoglienza, disponibilità, condivisione

Partecipazione
Indica la capacità e il desiderio di lasciarsi coinvolgere in un cammino, in un’esperienza di crescita nella carità. Esprime con i fatti il rifiuto della logica del “tirarsi indietro”, della pigrizia, del non coinvolgimento.
Vivere da discepoli del Signore Gesù significa sentirsi chiamati a diventare pietre vive della comunità dei cristiani e crescere nella testimonianza e nell’apostolato. Chi accetta di vivere secondo lo stile della partecipazione è disposto a lasciarsi interpellare dalle numerose situazioni di gioia, ma anche di difficoltà, che riempiono la vita della comunità sociale, civile ed ecclesiale e a farsene carico, con gratuità e responsabilità.

Accoglienza
Dio Padre ha un progetto di amore e di pienezza per la vita di ciascuno: è questa la Buona Notizia rivelata dal Signore Gesù. Aprirsi alla Buona Notizia significa crescere nella disponibilità ad accogliere il Progetto del Padre e incamminarsi sulla via della santità.
Per chi è disposto a fidarsi di Gesù e a scommettere la propria vita su di Lui, accogliere diventa anche il modo di vivere e di relazionarsi con gli altri, si apre all’altro ed è disposto ad ascoltare, ad accogliere, ad amare chi gli sta di fronte. La disponibilità nasce dal fare esperienza che Dio è il Padre che ama e che ha mandato Gesù per salvare l’umanità dall’egoismo e dal male, per indicare a ogni persona la “misura” con cui amare: il dono di sé e della propria vita.

Disponibilità
È l’atteggiamento di chi si lascia interpellare, interrogare e convertire dalle situazioni e dagli eventi della vita. questo atteggiamento è proprio di chi è disponibile a cambiare, a lavorare su se stesso per riuscire a discernere quali strade nella propria vita abbandonare e quali invece sono da percorrere. La disponibilità è un atteggiamento essenziale di chi vuole mettersi in cammino dietro il Cristo, perché sa che il confronto con la sua vita e il suo vangelo scardina le proprie certezze ed orienta la propria vita verso di lui.

Condivisione
È uscire dalla logica egoistica del “pensare a sé” per aprirsi all’altro con gratuità e generosità. Condividere significa anche saper riconoscere che i doni ricevuti che provengono dall’amore del Padre sono doni che non vanno custoditi per sé, né sprecati. Il Signore Gesù invita tutti e ciascuno a diventare dono per gli altri, a saper mettere in comune risorse e potenzialità, per contribuire insieme a costruire la civiltà dell’amore.

La declinazione degli atteggiamenti per fascia d’età avverrà in ciascuna commissione.

lunedì 3 marzo 2008

RISCOPRIAMO LA BELLEZZA E LA RESPONSABILITA' DELLA VOCAZIONE LAICALE

LAICI SECONDO IL VANGELO
Il volume raccoglie testi editi di Giuseppe Lazzati a suggerire un itinerario di riflessione e di ricerca sul tema della vocazione del fedele laico, il suo ruolo e responsabilità.
Pensati soprattutto per un pubblico giovanile, questi contributi affrontano motivi e istanze fondamentali dell’esistenza cristiana.
A partire da alcune pagine sul tema biblico-teologico del Regno di Dio, sulle principali vocazioni cristiane (matrimonio, sacerdozio, vita religiosa, consacrazione secolare), attraverso la preghiera e la spiritualità laicale, si delinea l’importanza dell’impegno educativo nella formazione di autentici laici cristiani. Compito primario, quest'ultimo, per la comunità ecclesiale, a cui Lazzati si dedicò con perseveranza e che costituì il nucleo centrale del suo appassionato magistero presso l’Eremo di S. Salvatore sopra Erba (Como).
Prezzo: € 13.00 Pagine: 304 Anno: 2007 Formato: 13,5x17
IN DIOCESI €. 10,00