domenica 25 marzo 2007

“La Festa del Perdono”

“La Festa del Perdono”
Incontro di Spiritualità per Giovani e Adulti
Pitigliano il 18 Marzo 2007
Relatore don Ugo Ughi vice assistente nazionale AC
(TESTO NON RIVISTO DALL’AUTORE)

Lc. 15, 11-32

Qualcuno definisce il cap. 15 di Lc. “il Vangelo nel Vangelo”: siamo al cuore del Vangelo di Luca, che culmina con il perdono ai crocifissori e al malfattore condannato con lui (cf. Lc. 23, 34-43) e con il mandato missionario alla chiesa di predicare “a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (Lc. 24,47). Il cap. 15 del 3° Vangelo contiene la notizia bella, incoraggiante, straordinaria che Dio è Padre, che resta Padre e come tale si comporta e agisce, qualunque sia la situazione dei figli, qualsiasi scelta essi compiano, anche contro di lui. (Era la paternità onnipotente di Dio a infondere fiducia in ogni momento a S. Teresa di Gesù Bambino)
1) Lc. 15 contiene tre parabole. Le prime due descrivono un Dio in cerca dell'uomo, come il pastore o la donna di casa. Scriveva Giovanni Paolo II in T.M.A. n° 7: "In Gesù Cristo Dio non solo parla all'uomo ma lo cerca. L'incarnazione del Figlio di Dio testimonia che Dio cerca l'uomo. Di questa ricerca Gesù parla come del recupero di una pecorella smarrita (cf. Lc. 15,1-7). E' una ricerca che nasce nell'intimo di Dio ed ha il suo punto culminante nell'incarnazione del Verbo". E Benedetto XVI nel messaggio per questa Quaresima: "L'amore di cui Dio ci circonda, è senz'altro agape... Ma l'amore di Dio è anche eros... Il profeta Osea esprime questa passione divina con immagini audaci, come quella dell'amore di un uomo per una donna adultera (cf. 3, 1-3)... Dio non vi è ato per vino; anzi il "no" dell'uomo è stato come la spinta decisiva che l'ha indotto a manifestare il suo amore in tutta la sua forza redentrice. E' nel mistero della Croce che si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste".
Due sole sottolineature delle parabole:
- la gioia in cielo, una gioia incontenibile, perchè il Dio, Padre misericordioso, è un Dio "festoso", che si rallegra, che sorride e gioisce per le sue creature, per i suoi figli che arrivano a riconoscere il suo amore e a goderne i benefici
- il peccatore che si converte (non "convertito", secondo la traduzione CEI), perchè la conversione è un "processo", una dimensione mai definitivamente compiuta.
Anche nella terza parabola Gesù parla di festa e di gioia, motivate da un inizio di "possibile conversione": in realtà il figlio più giovane, tornando, ha fatto appena il primo passo per un vero cammino di conversione.
2) Ed è nella terza parabola che LC. 15 raggiunge il suo culmine. L'evangelista crea uno stacco fra le prime due parabole e la terza. Questa, infatti, è introdotta da un "Disse ancora" o "Disse poi". Sembra quasi che Gesù voglia riprendere fiato per dire qualcosa di ancor più "incredibile". L'ascoltatore, il lettore aumenti la sua concentrazione e la sua attenzione.
Due sottolineature: la condotta dei figli - il comportamento del padre.
a) La condotta dei figli:
- il più giovane vede nella lontananza dal padre la possibilità di piena riuscita e di successo. Ormai può fare ciò che vuole: stare in casa è soffocare; all'aria aperta è libertà, vita, felicità. Rotte le relazioni fondamentali, il giovane arriva alla più nera solitudine, a toccare il fondo, contende il cibo ai porci. A questo punto la disperazione, se il pensiero della condizione dei servi in casa paterna non gli aprisse uno spiraglio di salvezza. Decide il ritorno, senza tuttavia realizzare una vera e propria conversione. Il padre ormai è scomparso dalla sua prospettiva; gli basta il padrone. Lui non figlio, ma servo! Comunque un primo passo decide di farlo: non verso l'amore paterno, ma per interesse. Può bastare?
- il maggiore, fisicamente vicino al padre, è lontano dal suo cuore e dai suoi sentimenti. E' vissuto più come un servo che come un figlio: non si era neppure accorto di ciò che il padre aveva messo a sua completa disposizione. Il fratello non è più un fratello per lui. "Questo tuo figlio", dice al padre. E' chiaro: se non sa riconoscere e vivere la figliolanza, non può riconoscere ed esprimere la fraternità. Entrerà in casa?
Lc. lascia in sospeso la "finale": che accadrà? il giovane riconoscerà la paternità? e il maggiore entrerà in casa "riconciliato"? In altre parole: si convertiranno? L'evangelista inchioda il lettore e l'ascoltatore: che cosa decidi di fare?
b) il comportamento del padre.
Si tratta di un "padre", non di un "padrone". Non domina i figli; non li costringe; rispetta le loro decisioni; li sollecita, tuttavia, verso il riconoscimento della sua paternità. Anche se non lo ascoltano e lo deludono, lui continua ad amarli e a considerarli come figli. E' questa la grande rivelazione di Gesù: per Iddio noi siamo sempre e comunque "suoi figli" e, perciò, "fratelli e sorelle" tra di noi, essendo la relazione filiale inscindibile da quella fraterna. In Lc. 10,27 è detto che è esiste un unico amore "bidirezionale". E' la condizione per "ereditare la vita eterna".
3) La ragione del racconto delle tre parabole è evidente: Gesù risponde alla mormorazione di farisei e scribi (il verbo è all'imperfetto, come a dire che essi avevano abitualmente da ridire nella condotta di Gesù). La mormorazione, il giudizio perentorio e negativo, rivela la distanza dalle categorie dei publicani e dei peccatori e dal cuore ... di Cristo. Non sanno capire l'amore, la misericordia, il perdono, proprio come il fratello più grande.
La parabola è, allora, invito a tornare: invito rivolto a tutti, perchè a livello profondo non c'è differenza tra pubblicani/peccatori e farisei/scribi: sono tutti "lontani" da Dio. Con il particolare non certo trascurabile che i primi si accostano a Gesù per ascoltarlo: è il primo e fondamentale passo per la conversione.
Lontani da Dio, lontani dagli uomini, e viceversa! Così per il ritorno e la conversione.
4) La Quaresima è tempo favorevole per il ritorno a Dio e alla sua paternità: è "segno sacramenale della nostra conversione" (colletta I dom. di Q.). Si tratta in primo luogo di "conversione sul piano della fede", di ritorno al Signore con tutto il cuore (cf. Gl. 2,12), riscoprendo la sua paternità, la nostra condizione di figli, la fraternità secondo il Vangelo (itinerario battesimale e penitenziale). Non c'è difficile richiamare lo slogan dell'anno associativo: "Va' e anche tu fa lo stesso". Si tratta di colmare le distanze e di "farsi vicini", di "diventare prossimi". Non basta una vicinanza "fisica", come quella del sacerdote o del levita; bisogna che sia una prossimità che nasce dal cuore, per essere davvero "figli dell'Altissimo, che è benevolo verso gli ingrati e i malvagi" (cf. Lc. 6,35). In una parola bisogna diventare "misericordiosi, com'è misericordioso il Padre" (cf. Lc. 6,36). "Siate benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandoci a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo" (Ef. 4,32).
proviamo ad elencare alcune conseguenze di tale apertura all'amore misericordioso del Padre:
- cercare di entrare in un processo, graduale e faticoso, di "avvicinamento" (di ritorno) al Signore e agli altri, allargando gli spazi della mente e del cuore
- costruire e ricostruire legami allentati e/o spezzati, cercando di qualificare sempre più in senso evangelico le relazioni (dallo "psichico" allo "spirituale")
- imparare a rallegrarsi per gli altrui successi e a soffrire per le altrui sconfitte
- saper "far festa" e coltivare nella propria vita la connotazione della gioia che sgorga dalla fede nel Cristo crocifisso e risorto e perciò da una nuova capacità di amare e di apprezzare persone e cose.
Quello che fece decidere Madeleine Delbrél per una ricerca approfondita di Dio, fu l'incontro con un gruppo di giovani pieni di vita, che lei chiamerà la "banda dei sei", incontrati in una sala da ballo. Ecco come li descrive:
"Non erano nè più vecchi (lei aveva 20 anni) nè più stupidi nè più idealisti di me. Essi vivevano, infatti, la mia stessa vita. Discutevano come facevo io e ballavano come me. avevano al loro attivo anche diverse qualità. Lavoravano più di me, avevano una formazione scientifica e tecnica che io non avevo... (la sua era una formazione prevalentemente artistico - letteraria). E si trovavano molto a loro agio in tutta la mia sfera del reale... Parlavano di tutto, ma anche di Dio che per loro sembrava indispensabile come l'aria".
Nella vita di tutti i giorni bisogna essere capaci di vivere e di testimoniare la gioiosa novità della figliolanza divina e della fraternità evangelica.

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